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The Greatest Showman - Recensione di Chiara Bileci

  • Immagine del redattore: GANO
    GANO
  • 8 gen 2018
  • Tempo di lettura: 4 min

Debutto alla regia di Michael Gracey, soggetto di Jenny Bicks, la quale è anche sceneggiatrice insieme a Bill Condon, non estraneo al genere del musical poiché sceneggiatore e regista di celebri film come i pluripremiati agli Oscar “Chicago” e “Dreamgirls”.


Ambientato nell’America dell’800, la storia racconta la vita di Phineas Taylor Barnum, umile figlio di un sarto, che, giunto a New York insieme alla moglie, sogna di donare a quest’ultima una vita dignitosa.


Con un prestito bancario riuscirà ad aprire il Barnum’s America Museum, in cui farà esibire dei cosiddetti “fenomeni da baraccone” o “freak show”, spettacoli di quel periodo molto in voga.

Si ispira fedelmente alla reale vita del circense Barnum, aggiungendo, come di consuetudine, più profondità e sentimentalismo per rendere una storia, a tratti forse banale, maggiormente coinvolgente ed emozionante. Si sente il tocco femminile nella sceneggiatura, che alterna squisita delicatezza nelle scene d’amore, ad energia devastante e distruttrice nella ribellione verso un sistema colmo di pregiudizi e paure nei confronti di chi è diverso (un comportamento quasi bipolare, tipico di noi donne dopotutto).

Il cast è abilmente selezionato tra attori di teatro (non a caso provenienti da Broadway) e di cinema, tra cui spiccano per popolarità e bravura: Hugh Jackman, Zac Efron, Zendaya e Michelle Williams.

Il caro vecchio Wolverine rivelerà un talento senza precedenti (che già sicuramente conoscevamo), ma non mi riferisco alla recitazione (sempre esemplare) bensì alle sue doti canore e danzerecce, che, da un ex mutante "marvelliano", sinceramente, non mi sarei aspettata (anche se già aveva recitato in “Les Miserables”), così dimostrando ulteriormente la sua versatilità che gli permette di interpretare qualsivoglia personaggio.

È lui che veste i panni del protagonista, abile uomo d’affari, che trova in questi “mostri” un modo per raggiungere il successo, intuendo ciò che veramente vuole vedere il pubblico. Ma il desiderio di permettere alla famiglia una vita migliore si trasformerà nella brama egoistica di raggiungere la fama, nonostante le umili origini.



Passiamo a Zac Efron,che personalmente, dopo il successo di High School Musical, non ha goduto di una brillante carriera, specialmente dopo il tremendo flop di “We are your friends” nel 2015, e tanti altri prima e dopo, (quindi immaginate la mia voglia di vederlo di nuovo cantare e ballare). Mi aspettavo un altro Troy Bolton (solo più palestrato e alcolizzato), e invece la sua interpretazione ha superato ogni aspettativa.

Lui è Phillip Carlyle, un famoso drammaturgo, annoiato e svogliato, che accetta di collaborare con Barnum, intrigato dall’idea di una vita priva di sicurezze, ma che lascia spazio alla passione e all’amore.


La beniamina Disney del cast, Zendaya, l’abbiamo intravista per la prima volta sul grande schermo in “Spider-man: homecoming”, in un ruolo minore. Lei Interpreta Anne Wheelern, trapezzista di colore, dal carattere forte e turbato. Personalmente, non conosco le serie televisive alle quali partecipò, per tanto, baseró la mia opinione esclusivamente sull’interpretazione nei suoi soli due film: nel primo, sovracitato, il suo era un ruolo secondario, quindi insufficiente per dare un giudizio approfondito; in “The Greatest Showman”… ha sempre un ruolo secondario, ma già più importante del primo, con cui, sicuramente, ha dimostrato grande talento. Posso dire, allora, di non averla ancora perfettamente inquadrata: assolutamente divina nel canto e nel ballo, ma aspetto di vederla presto in un’altra pellicola, magari come protagonista, in cui potrà esprimere tutto il suo potenziale.


La bellissima Michelle Williams, ancora ci incanta, (dopo la sua performance in “Marylin”, aspetto che vinca l’Oscar con tutta l’anima, ma ancora non è successo) e in questo film il suo personaggio non è tra i più impegnativi di altri già interpretati, ma la sua bravura fa sempre innamorare.

Lei è Charity Barnum, moglie del protagonista, dolce e pronta a rischiare, pur di sostenere il marito.

Un’ altra attrice, con un personaggio minore, ma studiato a pennello (senza di lei il film infatti non sarebbe stato lo stesso) mi ha molto colpito: sto parlando di Keala Settle, che interpreta Lettie Lutz (la donna barbuta), un personaggio forse più complesso, che, rimanendo comunque di minor rilievo, diventerà l’icona della forza di volontà che spingerà poi tutti gli altri a ribellarsi ed aiutarsi nei momenti in cui perderanno tutto, riconoscendosi come una grande famiglia.




Con questo non voglio assolutamente dire che “The Greatest Showman” sia un capolavoro; è un buon musical, sicuramente il migliore degli ultimi usciti in questi anni (vi annuncio infatti che “La la land”, non mi ha entusiasmato e quindi, se siete indignati, potete anche smettere di leggere). ma cosa mi ha convinta? Non la trama (sì bella, ma che procede senza troppi colpi di scena) e nemmeno i personaggi (sì fantastici, ma poco dinamici e bidimensionali); ciò che mi ha convinta è la musica e le canzoni (che, grazie a dio, non sono tradotte in italiano). La colonna sonora è infatti scritta da John Debney, candidato all’Oscar nel 2005, con “La passione di Cristo”, e le canzoni di Justin Paul e Benj Pasek (anche scrittori di quelle di “La la land” e del musical di Broadway “Dear Evan Hansen”).

I numeri musicali del film sono prevalentemente caratterizzati da un ritmo incalzante, con toni veloci e potenti. Anche nei momenti più teneri e deprimenti, la musica dà carica, iniziando con voci e note più lievi, per poi aumentare e accelerare (diciamo che ho avuto difficoltà a stare ferma sulla sedia).

Per finire, anche le coreografie sono spettacolari, energiche e coinvolgenti.

Insomma, “The Greatest Showman” è un musical che consiglierei ad ogni amante del genere, e per chi è alla ricerca di emozioni, buon intrattenimento e buona musica.


- Chiara

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