Back to the nerd
- Star Lord
- 15 apr 2018
- Tempo di lettura: 3 min

Ero sicuro di voler scrivere questa recensione subito dopo la visione del film ma ho deciso di rimandare, perché uscito dal cinema ero troppo emozionato ed avevo il timore che il mio giudizio potesse essere quindi offuscato. Ho quindi rivisto il film un paio di giorni dopo e posso affermare di non dovermi rimangiare nulla: Ready Player One è un un blockbuster che tra qualche anno diverrà un cult al pari della miriade di film che vengono citati dalla pellicola stessa. Ma ora, senza farci trasportare troppo dall’emozione, ricominciamo a parlarne con più tranquillità, per gradi.
Ready Player One, per la regia di Steven Spielberg, tratto dall’omonimo libro di Ernest Cline, ancora prima della sua uscita aveva attirato l’attenzione di molti, compresa la mia, per via di questo suo forte citazionismo alla cultura pop anni ’80 e non solo, al punto che il rischio che il film potesse essere solo questo era reale. Ma ehi! Stiamo parlando di Spielberg, lo stesso degli Indiana Jones, E.T. e Lo Squalo. Ed infatti così non è stato e, al netto di una trama non troppo originale, il film fa centro, riesce a intrattenere alla perfezione per tutta la sua durata senza mai annoiare neanche un secondo, merito forse di una CGI mai vista, ad un livello di fotorealismo senza precedenti, Oasis sembra reale, non è un semplice artificio tecnico partorito dalla mente del suo creatore James Halliday, ma un luogo “reale” nel quale, non immeritatamente, “la gente rimane per tutto quello che può essere”.

La trama, come già detto, non è certo delle più complesse, di fatto ci troviamo a seguire le avventure del giovane Wade Watts, insieme ad i suoi amici, per proteggere l’unico luogo dove nel 2045, a causa di una crisi energetica e di sovrappopolamento, le persone si sentono veramente libere, vivendo vite diverse dalla loro per allontanarsi dalla povertà nella quale si ritrovano. A rompere questa magia infatti arriva la IOI, una multinazionale decisa a vincere la sfida lanciata da Halliday in persona alla sua morte con la quale il vincitore avrebbe ottenuto il controllo e la proprietà di Oasis. Ma ovviamente non si parla di battere record di tempi in determinate sfide all’interno del gioco, o di sconfiggere più nemici possibili, ma di frugare giorno per giorno nella vita di Halliday stesso in cerca di indizi che conducano alle vere e proprie prove, insomma una caccia al tesoro virtuale per il futuro del gioco. Niente di straordinario insomma, ma cos’ha fatto la differenza nel risultato finale? Ma ovviamente proprio il citazionismo spinto alla cultura pop e, potremmo dire nerd, degli anni 80, quella in cui il creatore del gioco è cresciuto ed alla quale si è rifatto mentre progettava il suo gioco. Il gioco è una continua caccia al tesoro da fare con gli occhi per cogliere tutti gli easter egg che Spielberg ha inserito in maniera più o meno velata sulla scena.

Eccellente l’interpretazione di Mark Rylance nel ruolo di James Halliday, personaggio che, senza comparire esplicitamente molto durante il film, è il perno intorno al quale ruota tutta la vicenda e per questo quindi è di notevole rilievo l’apporto che l’attore ha dato al personaggio rendendo alla perfezione il distacco emotivo e sociale del programmatore dalla realtà, elemento fondamentale per la storia.
Se è necessario trovare una pecca a questo film, credo sia da ricercare proprio nel villain Nolan Sorrento interpretato da Ben Mendelsohn; non era certo negli intenti del film creare dei personaggi dalla forte introspezione psicologica, infatti tutti i personaggi funzionano nel film perché hanno la giusta caratterizzazione seppur a livello superficiale, ma il cattivo risulta non avere una caratterizzazione ben delineata: alle volte sembra essere spietato ma subito dopo fa la figura del fesso e perde quindi velocemente di credibilità. La presenza nella scrittura dello stesso autore del libro mi fa credere che proprio il personaggio sia stato scritto così, resta comunque il fatto che non riesca ad essere a pieno il classico villain che “è semplicemente cattivo” come ci si poteva aspettare, scadendo alle volte nel ridicolo.
Tirando dunque le somme su Ready Player One possiamo definirlo “il film definitivo per i nerd” o comunque per chiunque sia appassionato o quantomeno legato alla cultura pop anni ’80 su cui il film si basa, senza nulla togliere che il film resti del tutto godibile anche a chi non sappia nulla di tutto ciò; con un comparto tecnico e artistico di prim’ordine che grazie a Spielberg innalza ancora una volta l’asticella qualitativa della CGI, ponendosi a nuovo standard a cui bisognerà fare riferimento nelle produzioni degli anni a venire.
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