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HUGH (O HUGE) JACKMAN: UNICA GIOIA DEL 2017 - THE GREATEST SHOWMAN

  • Immagine del redattore: GANO
    GANO
  • 7 gen 2018
  • Tempo di lettura: 4 min

Il secondo “momento” cinematografico del 2017 che ho molto apprezzato è The Greatest Showman, opera prima di Michael Gracey. Il film in questione è un musical che parla di P.T. Barnum, inventore dello “show business” e del circo. Nel cast, oltre ad un "eccezzziunale veramente” Hugh Jackman, figurano Zac Efron, Zendaya, Michelle Williams e Rebecca Ferguson. Oltre a queste grandi stelle, una più piccola splende quasi più delle altre (grazie alla sua bellissima voce) cioè Keala Settle. The Greatest Showman è caratterizzato da fantastiche canzoni, scritte da Benj Pasek e Justin Paul (che fecero prima di vincere i vari Oscar e Golden Globe per La La Land).




Ora, considerando che gli scrittori delle canzoni sono gli stessi e che qua in Italia La La Land uscì a Gennaio 2017, non fare il paragone con quest ultimo è quasi impossibile. The Greatest Showman mi è piaciuto molto di più di La La Land.




Il film non vuole farti amare le gesta di P.T. Barnum o la trama in generale, ma vuole soltanto che lo spettatore stacchi il cervello, per riuscire ad entrare in un mondo fatto di musica, emozionanti coreografie, e attrazioni mai viste (che, se ben ricordo, era anche l’obiettivo del circo stesso). La storia si ripete: ancora una volta, la 20th Century Fox credeva che un musical originale non avrebbe avuto successo, e Hugh Jackman (insieme ad altre persone) si porta questo progetto appresso dal 2009. Il nostro Wolverine ha creduto ancora una volta in una storia, e il risultato è un film pieno di passione, che elogia le diversità e che intrattiene per un’ora e quarantacinque minuti, senza mai annoiare. Come ha detto Hugh Jackman in alcune interviste, P.T. Barnum può essere paragonato a Steve Jobs, Elon Musk o perchè no, a Walt Disney. Questo personaggio ha rivoluzionato il mondo dell’intrattenimento ed è stato uno di quelli che ha avuto una vita vista e rivista: povertà, successo, povertà e infine umiltà e ancora successo. Insomma, la tipica storia dell’uomo americano. Ovviamente, questa ascesa alle stelle che ha avuto è stato accompagnata da forti critiche, creando quel controverso “non so bene come inquadrarlo” che ha accompagnato ogni grande uomo. Alcuni dicevano che P.T. Barnum era razzista, altri che invece difendeva i diritti di tutti i diversi. Molti dicevano che sfruttava le sue attrazioni (i suoi “freak show”) e che addirittura li schiavizzava, altri dicono che invece lui salvò queste persone da una vita ancora più brutta di quella che già avevano. Le poche critiche che ho letto al film sono rivolte proprio a questo argomento, cioè al fatto che nel film P.T. Barnum viene “trasformato” in un eroe. The Greatest Showman non ha la pretesa di essere un biopic, ma al contrario prende la storia di quest uomo per trasformarla in qualcosa di originale. P.T. Barnum (e i personaggi secondari) sono un pretesto per raccontare dei sognatori e dei diversi, ma anche per “spettacolizzare” il cinema. Lo scopo del film, per me, è di far rimanere lo spettatore esattamente con lo stesso sguardo di quelle persone che nell’800 assistevano per la prima volta allo show di Barnum. La regia è ottima, segue costantemente il ritmo della musica e non è mai noiosa. I numeri musicali sono bellissimi: sia Hugh Jackman che gli altri attori riescono a ficcarti in testa tutte le canzoni. I personaggi sono tutti eccitati, come se si fossero inniettati di adrenalina, e ti fanno uscire dal cinema con la voglia di buttarti in mezzo alla strada per cantare, fino a che qualcuno non ti tiri sotto con la macchina. Mr. Wolverine ci dà una delle sue interpretazioni migliori: Hugh Jackman è per davvero il “The Gratest Showman”, e in questo 2017 appena concluso, lo ha dimostrato. Zendaya, dopo averla vista quasi muta in “Spider-Man: Homecoming”, ha come ruolo quello di sostituire Vanessa Hudgens nella testa delle ragazze ancora innamorate di Troy e Gabriella (crescete ragazze, non rivedrete più capelli a scodella d’insalata e Jasmine insieme).



Il film ha tutta la trama scritta nelle canzoni, e quindi le scelte del cast sono state fatte anche in base a questo.

Zac Efron aveva già gestito tre musical (che tutti noi conosciamo), e l’ultimo ricordo (scolpito nella mia testa) di lui che canta, era questo:









Per fortuna, in The Greatest Showman non ci sono coreografie tipo Bet on it, ma c’è una scena tra Hugh Jackman e Zac Efron che veramente vale la pena di vedere, e che è ritmata talmente bene da farti venire voglia di alzarti sulle poltrone. Mi è piaciuto tanto il tono “pop” dato alle canzoni e ai numeri musicali: la colonna sonora si alterna tra ritmi alla “Fall Out Boy” a musiche che potrebbe cantare benissimo Ed Sheeran o Rihanna.











Comunque, per me The Greatest Showman riesce a fare una cosa che anche La La Land fa, ma in modo meno evidente, cioè creare un mondo attraverso le canzoni. I due musical sono prodotti simili sia per il genere che per i temi trattati (l’elogio dei sognatori è un tema condiviso), ma The Greatest Showman si differenzia perchè non si ferma mai: è una continua coreografia, il ritmo si placa in pochissimi pezzi e soprattutto è uno spettacolo nel vero senso della parola (riesce a coinvolgerti come se fossi a Broadway, per dire). Il genere dei musical non ha mai avuto particolarmente il mio interesse, ma mi piace tantissimo quando la macchina da presa e il montaggio si mettono al servizio della musica. Questo succede nei film di quel geniaccio di Edgar Wright (specialmente nel suo Baby Driver di quest anno) e succede molto bene in The Greatest Showman. Insomma, vi invito ad andare ancora adesso al cinema perchè vi riuscirete a godere questo film, anche non essendo appassionati di musical. In conclusione, Hugh Jackman ha conquistato il mio 2017 al cinema. È un attore che mette passione in ogni film che fa, e si vede. E poi veramente, sono due settimane che ho a colonna sonora del film in testa. Comunque, grazie Hugh per avermi fatto divertire ed emozionare al cinema.



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- Gano

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