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THE OFFICE (US): l'esilarante mondo dell'ordinario.

  • Immagine del redattore: GANO
    GANO
  • 4 apr 2018
  • Tempo di lettura: 9 min

Premetto che questa perla di serie è stata aggiunta da poco al catalogo di Amazon Prime Video, quindi se siete iscritti non esitate a guardarla.


Ora, partiamo dall’inizio. Nel 2001, in Inghilterra, va in onda “The Office”, serie tv creata ed interpretata da Ricky Gervais che ottiene ampio successo in tutto il mondo (tanto da arrivare ai Golden Globe del 2004, e a far vincere a Gervais il premio come “Miglior Attore”). Ovviamente questo successo non sfugge all’occhio americano, così nel 2005 viene prodotta la prima stagione di “The Office US”. I creatori rimangono sempre Gervais e Stephen Merchant (con l’aggiunta di Greig Daniels), e il ruolo da protagonista viene affidato ad un ancora poco conosciuto Steve Carell. La serie parte, ma – a differenza della mamma inglese- il successo non arriva. Ogni cosa su questo pianeta ha dei fan, e quelli della serie inglese erano abbastanza accaniti nel vedere gli americani manipolare il loro show preferito. La serie, in America, era nata per tappare i buchi del palinsesto della NBC ,e non si sperava nemmeno in un rinnovo. Ma le cose cambiano nel 2006. La versione americana inizia ad avere una propria identità e consensi da tutte le parti, in primis grazie all’interpretazione di Carell, che merita un discorso a parte. In poco tempo grazie alla buonissima scrittura, all’improvvisazione, ad una comicità fuori dal comune e ad una solida trama, The Office diventa uno degli show più amati degli Stati Uniti.


PERCHÈ THE OFFICE FUNZIONA?


The Office funziona perché lavora sulla realtà. Infatti questa serie è un lungo “mockumentary”, cioè un falso documentario, che insiste su una comicità più realistica e coinvolgente. La risata non è mai indotta, è sempre spontanea: sta allo spettatore ridere o no. Questo stile permette una vasto uso dell’improvvisazione, e Steve Carell si libera da ogni vincolo regalandoci momenti da Oscar. Un’altra cosa importantissima è che i personaggi sono consapevoli di essere ripresi, e questo serve sia a ricalcare una gag, che a farci capire la loro psicologia. Gli sguardi sono importantissimi in questo show: guardando in camera o ci mostrano la loro personalità oppure cercano la conferma di qualcuno (che sia il pubblico o la troupe che gli sta davanti). Michael Scott (il personaggio interpretato da Carell), per esempio, fa sempre battute inappropriate o fuori dal contesto, e quando vede che le persone che stanno fisicamente attorno a lui non reagiscono a queste, si volta verso la telecamera per cercare conferma.

Questo continuo lavoro sulla realtà tira fuori l’elemento più importante della risata dopo l’esagerazione, cioè l’immedesimazione. In primis viene descritto un ambiente di lavoro americano, quindi già gli autori riescono a conquistarsi una grande fetta di persone. Poi i personaggi sono estremamente umani, e questa caratteristica viene fuori anche grazie ad una sorta di “confessionale” alla Grande Fratello, dove si mostrano tutte le paure e le insicurezze dei personaggi, che in qualche modo ci "connettono" con loro. Infatti penso che se The Office ha raggiunto lo status di uno degli show comici più riusciti degli ultimi anni, è anche per le riflessioni che suscita nel pubblico. D’altronde la risata ha sempre avuto successo se accompagnata da una riflessione. L’attore Rainn Wilson, interprete di Dwight Schrute, in un’intervista ha detto che se, nella commedia americana, si riesce a spostare di poco la direzione rispetto all’usuale, si può creare qualcosa di unico. The Office è originale,

divertente, e ben scritto, e posso con certezza dire che non ho mai riso così tanto per una serie tv (anche se alcuni episodi mi hanno preso il cuore e calpestato fino a trasformarlo in una piadina). L’esagerazione nella comicità, di solito, si trova in un contesto distaccato dalla realtà, ma in The Office non è così. Tutte quelle reazioni "cartoonesche" dei personaggi ci sembrano vere perché la serie è impostata su uno stile e un ambiente reale.


DI CHE PARLA THE OFFICE?


Come già detto prima, The Office descrive un ambiente di lavoro americano, precisamente una sede di un’azienda cartiera, la Dunder Mifflin, che si trova nella città di Scranton (in Pennsylvania). All’inizio non c’è una vera e propria trama, se non fosse per la love story tra Jim (giovane venditore interpretato da John Krasinski) e Pam (bellissima receptionist interpretata da Jenna Fisher), che fin dalla prima stagione è stata la storyline che collega gli episodi. Poi dalla seconda stagione in poi la trama di Michael Scott, protagonista assoluto della serie, si fa sempre più profonda e interessante. Il braccio destro di Michael, Dwight Schrute, è un altro personaggio che man mano assume importanza, soprattutto grazie al suo spessore comico. Prima di Sheldon Cooper, c’era Dwight a dominare la tv, lo strambo-nerd con l’amore maniacale per l’ordine e il suo lavoro. Proprio come l’amato personaggio di Big Bang Theory, Dwight deve combattere con le altre persone “normali”, che non riescono a capirlo, e specialmente ogni giorno è costretto a confrontarsi con gli scherzi di Jim.


Poi dalla terza stagione abbiamo Andy Bernard, interpretato da Ed Helms, che diventa un personaggio così importante da prendere il posto di Michael dall’ottava stagione. Andy all'inizio è un impiegato, non molto bravo, incapace di controllare la sua rabbia; ma arriverà a diventare prima un bravo venditore e poi manager dell'ufficio. Le doti canore e musicali di Helms hanno aiutato molto nella sua "scalata al successo".


L’ufficio è pieno di gente peculiare tipo Ryan (il precario stalkerato da Michael), Creed (uomo anziano completamente fuori di testa), Daryl (capo del magazzino), Kevin, Oscar, Angela, Meredith e Stanley. Tutti i personaggi che all’inizio erano secondari ma, man mano, con l’andare avanti delle stagioni, diventano quasi primari. Molti di questi sono stati creati come “spalla comica”, e alcuni sono rimasti tali, altri no. Le vicende di questi impiegati vengono seguite da una troupe che non si vede mai, ma di cui i personaggi sono a conoscenza e cercano, in varie situazioni, di trasmettere la loro inadeguatezza guardando in camera. Jim è il personaggio che fa più spesso questa cosa, e lo fa per cercare una conferma, per compiacersi, o per far capire cosa prova in quel momento.

The Office va in onda per nove stagioni, dal 2005 al 2013, e a mio parere non ha mai peccato di qualità, anzì è riuscita anche a non soffrire tanto dell’abbandono di Steve Carell.

Sono sicuro che, a fine serie, vi chiederete come un luogo così noioso come un ufficio americano sia riuscito a suscitarvi tanto interesse e sentimento.


IL VERO PUNTO DI FORZA:

STEVE CARELL A.K.A. MICHAEL SCOTT.


La serie ha molti punti di forza, che vanno dalla buonissima scrittura alla messa in scena, ma qualcosa sovrasta tutti questi, cioè l’enorme talento di Steve Carell. L’attore, grazie alla sua interpretazione nella serie, riceve un enorme consenso, tradotto in un Golden Globe e 6 nomination agli Emmy Awards. Steve prende parte alla serie dal 2005 fino al 2011, anno in cui decide di lasciarla per dedicarsi completamente alla carriera cinematografica. Il suo talento attoriale, unito allo stile della serie, crea una comicità unica: Carell esagera ogni sua azione/reazione, e la telecamera è sempre pronta a “zoommare” su di lui e sui volti delle persone che lo osservano, realizzando così una sorta di “commedia dell’imbarazzo”.

Il personaggio da lui interpretato è Michael Scott, un eccentrico capo d’ufficio della sede di Scranton, che principalmente ha come caratteristica l'ossessivo bisogno di voler piacere a tutti. Michael è un personaggio che funziona su varii livelli, in primis perché ha il “meccanismo Fantozzi”, cioè che la sua caratterizzazione è lavorata molto sull’immedesimazione del pubblico. Non è un’eccessiva caricatura, come potrebbero essere i personaggi di The Big Bang Theory, ma è semplicemente un uomo pieno di difetti e insicurezze, che è in continua ricerca del consenso altrui per curare la sua solitudine. L’analogia con il ragionier Ugo ci sta in tutti i sensi, perché raramente vediamo Michael avere successo, e ogni puntata è incentrata sul tentativo di ribaltare la sua condizione: la serie usa questa sua sfortuna sia come strumento di comicità che di riflessione. Per cercare di piacere a tutti, Michael spesso fa cose fuori dall’umana comprensione, spesso è razzista, omofobo, o semplicemente insolente, e si trova ogni volta a pagare i suoi errori e a ripercorrere i suoi passi, con l’intenzione di sistemare le cose. So che può sembrare banale, ma il personaggio funziona perché vengono mostrate tutte le sue imperfezioni, ed è nel continuo tentativo di correggersi. A inizio serie mi chiedevo sempre le stesse domande: perché fa così? Perché se ci tiene così tanto alle persone del suo ufficio, ha quel comportamento? La risposta a tutto viene data più tardi, cioè quando ci viene mostrato l’altro lato del personaggio, cioè una persona estremamente sola e insoddisfatta. C’è una scena della serie che può far capire quello di cui sto parlando: in ufficio c’è la giornata “porta tuo figlio a lavoro” e Michael, per vantarsi di fronte ai bambini, fa vedere una vecchia puntata di un programma televisivo, in cui compare lui da ragazzino. Quando il presentatore dello show gli chiede cosa vorrebbe fare da grande, Michael risponde che vorrebbe essere sposato e avere 100 bambini, così avrebbe avuto 100 amici e nessuno avrebbe potuto dire di non essere tale. Infine una bambina gli fa notare che quindi non è diventato quello che voleva essere.

La prima volta che ho visto questo episodio, ho riso tantissimo (perché le reazioni di tutti sono bellissime) poi sapendo di più sulla storia, ho capito quanto invece sia triste. Come dice Steve Carell stesso, Michael non è una persona cattiva, è solo un tipo che non ha un punto di riferimento e che cerca di fare del suo meglio per fare la cosa giusta. Lui cerca di connettersi con le persone nell’unico modo che conosce, cioè l’humor.

Il comportamento da imbecille di Michael è una reazione a tutto ciò che non ha nella vita, cose fondamentali a cui ha sempre aspirato, tipo una relazone, una famiglia o degli amici veri. L’unica cosa che gli rimane è quel posto di lavoro monotono, che succhia ogni energia, e che di norma rende le persone infelici. La forza del personaggio sta proprio qui, infatti è consapevole che non è solo per lui così, ma anche per la maggior parte delle persone nell’ufficio, e quindi il suo ossessivo bisogno di piacere agli altri si traduce nel rendere felici le poche persone che ha attorno, cioè i suoi impiegati. Quando si rende conto di quanto tiene a questi, l’obiettivo di Michael diventa il creare un ambiente lavorativo meno ostile possibile. Come il personaggio di Carell dice nel suo ultimo episodio, le persone con cui lavori, alla fine, sono i tuoi migliori amici. Per farla breve, Michael Scott è uno dei tipici bambini delle elementari che ti diceva di avere in anteprima il nuovissimo gioco di Pokèmon, solo per mettersi in mostra. Noterete che ci metterà 7 stagioni per diventare un adulto completo: è in continua scoperta del mondo Tralasciando tutto questo, penso che questo protagonista sia uno dei personaggi più riusciti della televisione, sia per tutte le cose già dette e sia perché fa tanto ridere. Ogni sua piccola reazione è oro puro, perché Steve Carell improvvisa ed enfatizza tutto, a volte esagerando, riuscendo a creare una risata vera. È veramente impossibile riuscire a cogliere tutte le cavolate che Michael dice e fa, e questo è uno dei tanti motivi per cui mi sono innamorato del personaggio.

Per esempio, riguardando alcuni episodi, mi sono reso conto di questi due momenti che possono far capire di cosa sto parlando: in una scena Michael è convinto che Martin Scorsese sia il regista de "Il Padrino", mentre in un altra sta versando dello zucchero in una Diet Coke. Queste due scene sono un esempio di quanto questo personaggio sia scritto e interpretato magistralmente, perchè sono dei piccoli momenti inseriti in azioni frettolose, e quindi non si colgono subito.


IN CONCLUSIONE:


Molto spesso la commedia è sottovalutata. Solitamente, tra gli appassionati dell’intrattenimento audiovisivo, c’è l’idea che un prodotto, per essere considerato interessante, deve avere del “pathos”. C’è questa assurda idea che una commedia non possa emozionare. Per smentire tutte le persone che la pensano così, basta solo mostrare loro The Office. Questa serie mi ha emozionato come non mi succedeva da tempo. Ho riso tanto, ho pensato alla mia vita, ho pianto, mi sono arrabbiato, e sono stato felice. The Office è riuscito a trasformare una cosa noiosa come un ufficio, in un’esperienza troppo coinvolgente. Sono stato così tanto preso da questa serie, perché fa una cosa apparentemente semplice, cioè il mostrare delle vite umane senza alcun tipo di filtro. La serie riesce a mostrarci come l’uomo tenda a trasformare ogni ambiente (anche il più ostile) in una casa, a trovare la bellezza nell’ordinario, nella nostra routine, e nelle facce delle persone che ci stanno accanto. The Office riesce a dare potenza alla quotidianità dell’uomo. Riesce a far capire che, anche se ci si può abbattere così tanto da dire “non ho un futuro qui”, la vita può sorprendere sempre.


Non mi scandalizza sapere che in Italia una serie tv del genere non abbia avuto tanto successo, ma comunque spero che questa recensione vi faccia venire voglia di vederlo. Grazie mille a chi mi ha fatto scoprire questa perla. Grazie ad Amazon Prime Video che lo ha inserito nel catalogo. Grazie alle persone che hanno ideato e lavorato in questo incredibile show.


Ah, e poi grazie a The Office abbiamo avuto uno dei meme più belli del mondo.



- Gano


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